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Arte e Storia

Il sito archeologico Riparo Tagliente

Il riparo Tagliente sito archeologico

La grotta preistorica

La grotta, che prende il nome da Francesco Tagliente, che la scoprì nel 1958, è oggi un'importante zona archeologica. Le prime ricerche furono condotte tra il 1962 e il 1964 a cura del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, vennero riprese nel 1967 dall'Università di Ferrara e sono ancora in corso.

Il sito di Riparo Tagliente si trova a nord di Verona, sul fianco destro della Valpantena che si apre nelle propaggini occidentali dei monti Lessini, ad una quota di circa 250 m s.l.m.

L'importanza del sito deriva da due diverse serie di frequentazione, che si desumono dal ritrovamento di due depositi di materiali sovrapposti, di epoche diverse. Il primo, con datazione compresa tra 60 000 e 30 000 anni, è riferibile all'Uomo di Neanderthal, il secondo, con datazione compresa tra 17 000 e 11 500 anni, è riferibile all'Homo Sapiens.

Il sito ha dato alla luce anche i resti di una abitazione e di una sepoltura. Molto probabilmente gli uomini preistorici che abitavano la zona credevano nella vita dopo la morte, come dimostra la sepoltura di un adulto, collocato supino, con le braccia allungate parallelamente al tronco, ricoperto di pietre. Su queste pietre sono incisi dei graffiti che rappresentano quasi certamente un felino e un uro, un grosso bovino estinto. Lo scheletro ritrovato, di un uomo di 20 anni, è ora esposto al Museo di Storia Naturale di Verona, ma in Valpantena, al Museo Preistorico e Paleontologico di Sant’Anna d’Alfaedo, è esposto il calco dello scheletro e molti reperti provenienti dal Riparo Tagliente. Inoltre qui gli archeologi hanno ritrovato i denti di uomo di Neanderthal, la mandibola di un Homo Sapiens e la falange di un giovane individuo.

Gli uomini che abitarono il Riparo Tagliente cacciavano soprattutto erbivori, come lo stambecco, il camoscio e il cervo, ma anche animali più grandi come i mammut, di cui sono sttai rinvenuti frammenti di denti. Oltre alla caccia, si dedicavano alla lavorazione della selce e della pelle, ricavandone abiti rudimentali. Andavano a procurarsi materiale utile alla propria attività anche in zone lontane: infatti sono state recuperate anche conchiglie marine, probabilmente provenienti dall’Adriatico, cristallo di rocca e ocra gialla forse provenienti da Ponte Veia. Alcuni reperti di osso e di pietra, datati tra il 13.500 e l'11.000 a.C. raffigurano vari animali. I più famosi sono un leone inciso su un blocco, che faceva parte di una sepoltura e un imponente stambecco, inciso su di un ciottolo fluviale.

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